Champagne

La rifermentazione in bottiglia, ovvero il metodo Classico, consente di elaborare qualità di spumanti più pregiate, dal perlage fine e dai profumi e sapori vivaci. I vitigni più adatti per produrre bollicine con il metodo Classico sono soprattutto chardonnay, pinot nero, pinot bianco, pinot meunier, pinot grigio e riesling. Anche lo Champagne, progenitore delle bollicine di qualità, prodotto nell’omonima regione francese, utilizza il metodo Classico (in Francia si chiama metodo Champenoise). In Champagne, e solo lì, si utilizza il pinot meunier.

LE UVE
Molte uve, più o meno ricche di sostanze aromatiche, possono dare ottimi risultati nella spumantizzazione, anche se la scelta deve essere fatta in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Le uve aromatiche sono ideali per la produzione degli spumanti dolci, che sprigionano stuzzicanti profumi di erbe aromatiche, frutti e fiori appena colti. Il moscato bianco, che dà ottimi risultati nei climi temperati-freddi del Piemonte e della Lombardia, le malvasie e il brachetto sono le più impiegate, ma se ne possono utilizzare molte altre, come moscato giallo, prosecco o glera e aleatico nero, seppure dotati di note aromatiche più sfumate. Asti, Conegliano Valdobbiadene-Prosecco, Brachetto d’Acqui, Malvasia dei Colli Piacentini, Malvasia dei Colli di Parma e altri ancora, sono spumanti elaborati con il metodo Martinotti, che premia la loro profumata spontaneità. Questo sistema è impiegato anche per la produzione su larga scala di spumanti secchi, utilizzando a volte le stesse uve che rappresentano la base di quelli elaborati con il metodo classico. L’esperienza internazionale ha dimostrato che i vitigni più adatti per produrre bollicine con il metodo Classico sono soprattutto Chardonnay, pinot nero e pinot bianco, oltre a pinot meunier, pinot grigio e riesling. In Champagne – e solo lì – si utilizzano il pinot meunier (mugnaio), a bacca nera, il cui nome deriva dalla lanugine bianca che in primavera avvolge le prime gemme, così abbondante da fare apparire le viti come fossero state spruzzate di farina da un mugnaio di passaggio. Vitigno un po’ rustico, è scelto per la resistenza e l’adattabilità alle difficili condizioni di gelo e umidità della vallata della Marna, troppo umide e nebbiose per gli altri vitigni. I due vitigni più importanti dai quali si ottengono i migliori risultati sono il pinot nero e lo chardonnay. Altri vitigni sono il verdicchio nelle Marche, l’inzolia in Sicilia e altri ancora.


LA STORIA DEL METODO CLASSICO
In Italia, lo spumante metodo Classico ha subito una sudditanza psicologica e qualitativa nei confronti dello Champagne. D’altronde è dalla Champagne che Camillo Gancia attinse le tecniche e le conoscenze per iniziare a produrre, primo in Italia nel 1860, uno spumante d’Asti con metodo Champenois, come allora poteva essere definito anche nel nostro paese. Poco dopo, Antonio Carpanè a Conegliano nel 1868 e Giulio Ferrari a Trento nel 1902, furono i precursori nella produzione di spumanti secchi col metodo della rifermentazione in bottiglia, utilizzando chardonnay e pinot nero, sulla base dell’esperienza francese. L’affinamento delle tecniche, i progressi nelle conoscenze e nelle pratiche vitivinicole, le esperienze produttive e le capacità dei principali produttori italiani, hanno portato i migliori spumanti italiani elaborati con il metodo Classico, oggi, ad una qualità e a una personalità confrontabili con le migliori produzioni mondiali. Il termine spumante è troppo generico e raggruppa prodotti molto diversi tra loro per uve impiegate, aromatiche e neutre, residuo zuccherino carattere e qualità, con livello di prezzo che vanno da poche a decine di euro la bottiglia. Tutto questo disorienta il consumatore meno esperto, che si può trovare in evidente difficoltà di fronte alla scelta tra bottiglie così simili per forma, etichetta, tappo a fungo con gabbietta e capsulone che copre il collo della bottiglia, ma così diverse per prezzo e qualità. Quello che manca è quindi un nome originale ed evocativo, che identifichi e distingua gli spumanti metodo Classico da quelli ottenuti con tecnologie diverse. Nel 1975, l’esigenza di creare e tutelare l’immagine e la produzione dello spumante di qualità, portò un gruppo di nomi famosi della spumantistica italiana a fondare L’Istituto Italiano Spumante Classico, per proteggere i vini ottenuti con il metodo della rifermentazione in bottiglia e promuoverne la conoscenza e la diffusione in Italia e all’estero. L’Istituto impegnò mezzi ed energie nella ricerca di un nome distintivo, equivalente a quello che Champagne è per i vini della Champagne, Cava per gli spumanti spagnoli prodotti nella regione del Penedès, Franciacorta per le bollicine DOCG prodotte nella zona omonima. Gli sforzi compiuti finora non hanno dato i risultati sperati, perché i nomi proposti sono rimasti al palo. Nel 1995 l’Istituto decise di rinunciare a indicare in etichetta il termine spumante e fu definito un nuovo Statuto e redatto un nuovo regolamento. Nel 1996 fu depositato il nome Talento e l’associazione fu ribattezzata Istituto Talento Metodo Classico, con l’obiettivo di identificare lo spumante prodotto in Italia con questo metodo, in aree delimitate, secondo norme stabilite e precisi controlli indicati in un Regolamento di produzione. L’intento era quello di creare un marchio di riferimento per identificare lo spumante italiano metodo Classico. Così nel 2009 nasce l’Istituto Talento Italiano, che oggi raggruppa 22 tra le più importanti aziende spumantistiche italiane ha lo scopo di promuovere l’immagine del Talento come spumante di sicura origine italiana. La menzione Talento è riservata e protetta esclusivamente con la designazione e presentazione degli spumanti di qualità DOP –VSQDOP e degli spumanti di qualità VSQ italiani elaborati con il metodo Classico, ottenuti da uve chardonnay, pinot nero e pinot bianco, rifermentato in bottiglia, con minimo 15 mesi di affinamento sui lieviti e tenore zuccherino inferiore a 12 g/l.

TABELLA

 

IL METODO CLASSICO
Le vivaci bollicine degli spumanti si possono ottenere con metodi diversi, ma l’esperienza ha dimostrato che il metodo della rifermentazione in bottiglia è quello che consente di elaborare le più pregiate. A patto che si parta da vini-base di qualità ottenuti dai vitigni più adatti, si proceda con precise pratiche enologiche e i vini, dopo la presa di spuma, siano affinati a contatto con i lieviti per tutto il tempo necessario affinché sviluppino gli aromi e i sapori migliori e perfezionino il loro raffinato equilibrio. Le catenelle di bollicine di anidride carbonica che salgono incessantemente nel bicchiere, per minuti e minuti, lo rendono perfettamente brillante e ne vivacizzano profumi e sapori. Ma per raggiungere questo risultato tutto deve concorrere al meglio, a partire dal vino-base. I vitigni ideali per questo metodo sono lo chardonnay, il pinot nero, il pinot bianco e nella sola Champagne, il pinot meunier. Condizioni climatiche e terreno sono fondamentali per ottenere grappoli con le qualità desiderate, ma anche la conduzione della vigna gioca un ruolo importantissimo. Ad esempio i grappoli durante la vendemmia non devono subire schiacciamenti e per questo sono raccolti a mano e avviati alle presse nel giro di poche ore. Grazie all’impiego di moderne presse, dalla pressatura si estrae solo la parte migliore del succo, il mosto fiore. Il mosto è immediatamente raffreddato e raccolto in tini di acciaio inox, dove avviene la prima decantazione per gravità che elimina le particelle più grossolane. Stabilizzato con una piccola dose di anidride solforosa, per controllare l’ossidazione e la carica dei lieviti, è travasato in u secondo tino, nel quale si è preparata una seconda base di lieviti, il pied de cuve, per innescare correttamente la prima fermentazione alcolica, che lo trasformerà nel vino-base. Questa prima fermentazione si conclude nel giro di un mese, lasciando che l’anidride carbonica si disperda nell’atmosfera. I vini fermi ottenuti sono conservati a bassa temperatura (-3 °C), per stabilizzarli ed evitare processi ossidativi. Si arriva al momento dell’assemblaggio, che in genere avviene nei mesi di marzo/aprile dell’anno successivo ala vendemmia. I vini-base delle diverse annate sono in parte tenuti in cantina in contenitori di acciaio e piccole partite sono fermentate o lasciate riposare in piccole botti di legno per favorire un’evoluzione diversa e un arricchimento dei profumi e della struttura. Tutto questo permette di ottenere vini-base con caratteristiche precise e distinte, che grazie alle scelte sapienti dell’enologo daranno vita alle migliori cuvée.

 

LA SPUMANTIZZAZIONE
A questo punto inizia il percorso che da un vino-base fermo porta allo sviluppo di bollicine zampillanti. Tutto grazie ad una seconda fermentazione svolta in bottiglia, nella quale lo spumante riposa per anni prima di essere immesso sul mercato.

Una fase molto importante è quella dell’assemblaggio, che porta alla miscela di diversi vini –base sia della stessa annata che di annate precedenti. Se la cuvée è composta da vini elaborati a partire dalla stessa vendemmia (o almeno per l’85%) si ottiene uno spumante millesimato, in questo caso l’annata sarà riportata sull’etichetta. Spesso di qualità superiore, questo spumante riposa in cantina per 4-5 anni, in alcuni casi fino a 7-8, prima della sboccatura. Se invece sono utilizzati anche vini di annate precedenti (fino ad un massimo del 30%) si ha un sans année, spumante senza alcuna indicazione di annata o di vendemmia, destinato ad un affinamento sui lieviti più breve, in genere 2-3 anni. Da questo momento la cuvée è stata creata e lentamente si formeranno le bollicine, grazie all’aggiunta della liqueur de tirage, miscela formata da un po’ di vino con una precisa quantità di zucchero di canna, lieviti e sostanze minerali destinate a sostenere la loro attività. Nel folto gruppo dei Saccharomyces, i ceppi più impiegati sono l’ellipsoideus e l’oviformis, che oltre a svolgere la consueta fermentazione alcolica, questi lieviti devono favorire lo sviluppo di una spuma fine e abbondante. Dopo aver controllato che la liqueur de tirage si sia perfettamente disciolta e amalgamata nella cuvée, il vino è imbottigliato nelle tradizionali bottiglie champagnotte. Il colore scuro del vetro, serve a proteggere il vino dall’azione della luce. Il notevole spessore del vetro è indispensabile per resistere alla pressione interna e alle manipolazioni nelle varie fasi di elaborazione. Anche il tipico fondo a cupola è stato studiato per scaricare efficacemente la forte pressione interna. A questo punto le bottiglie sono sigillate con un tappo a corona di acciaio inox, che assicura una perfetta tenuta ed evita l’attacco della ruggine.

Nelle bottiglie accatastate in posizione orizzontale, in cantine alla temperatura bassa e costante di 10-12 °C, in assenza di vibrazioni, rumori, luce, calore, il vino inizia la sua lenta fermentazione. I lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica, alcol etilico (1-1.2%) e formano molte sostanze secondarie che arricchiscono lo spumante di profumi e sapori. Queste piccole cellule assorbono anche altre sostanze, come sali minerali, aminoacidi e sostanze proteiche, provocando un temporaneo “impoverimento” del prodotto. Nell’arco di sei mesi i lieviti trasformano tutto lo zucchero disponibile, muoiono e vanno incontro ad una successiva autolisi, durante la quale cederanno allo spumante tutto ciò che gli avevano sottratto. Lo spumante si riappropria quindi di tutto quanto gli era stato sottratto e si arricchisce di sostanze dai caratteristici profumi e aromi di lievito, che lo rendono facilmente riconoscibile. L’affinamento a contatto con i lieviti deve essere lento e lungo, nell’ambiente buio e fresco delle cantine, perché solo così le bollicine saranno fini e persistenti. Al momento dell’apertura della bottiglia, l’intima dissoluzione dell’anidride carbonica nello spumante ne renderà difficile la liberazione, come se non riuscisse a svincolarsi dall’abbraccio delle altre molecole.

Quando si ritiene che lo spumante abbia quasi concluso il suo periodo di affinamento sui lieviti, le bottiglie sono sistemate sulle pupitre (leggìo in frencese), particolari cavalletti di legno con fori sagomati. Un po’ alla volta, mani abili realizzano il remuage, con rotazioni e svuotamenti successivi che portano le bottiglie in posizione verticale, provocano il distacco dei residui dei lieviti dalle pareti e il loro accumulo vicino al tappo, nella bidule. Oggi il remuage è spesso meccanizzato grazie ad apparecchiature con diversi livelli di automazione. Terminato il remuage,le bottiglie passano alla sboccatura. Quando versiamo lo spumante nel bicchiere è luminoso e splendente, eppure non subisce alcuna filtrazione. La sua limpidezza è il risultato dell’eliminazione dei residui dei lieviti attraverso la sboccatura à la glace. Il collo delle bottiglie è immerso in una soluzione satura di sali a bassissima temperatura (-28/-30 °C), per mezzo di un nastro trasportatore dotato di appositi alloggiamenti che mantengono le bottiglie in verticale, con il tappo rivolto verso il basso. La velocità di traslazione del nastro è calcolata in modo che al termine del percorso, che dura poco più di un minuto, si sia formato un cilindretto di ghiaccio di un paio di centimetri, che ingloba il vino e le fecce compatte nella bidule. La macchina scarica le bottiglie in posizione normale e le trasferisce alla postazione successiva, dove è asportato con il tappo a corona, la pressione interna espelle il ghiacciolo, lasciando il vino senza la minima particella in sospensione, perfettamente limpido.

LA TAPPATURA
La bottiglia di spumante deve essere tappata con il tradizionale tappo a fungo in sughero. Costituito da sughero e compattato da silicone, che garantisce elasticità e robustezza necessarie per resistere senza spezzarsi alle torsioni applicate nel momento della stappatura. La gabbietta di filo di ferro ha la funzione di trattenere saldamente il tappo, mentre l’apposito anellino ne facilita lo sganciamento del tappo e la stappatura, da eseguire con attenzione per evitare che questo salti in modo incontrollato.

IL CONFEZIONAMENTO
Perfettamente lavate, asciugate e sottoposte a una serie di rivoluzioni su loro stesse per amalgamare perfettamente lo sciroppo di dosaggio, le bottiglie sono ormai pronte per ricevere l’etichetta, retroetichetta, collarino e capsulone. Prima di essere avviate alla spedizione, le bottiglie sono in genere conservate alcuni mesi in cantina o in condizioni di temperatura controllata. Gli spumanti dovrebbero essere consumati nell’arco di 6-18 mesi dalla sboccatura, soprattutto perché raramente le case moderne hanno cantine o condizioni adatte per una lunga conservazione.

METODO MARTINOTTI O CHARMAT
Fino alla fine del 1800 l’unico modo per produrre spumanti era il metodo della rifermentazione in bottiglia. Per accelerare il processo produttivo e ridurre i costi elevati, l’italiano Federico Martinotti, direttore della Regia Stazione Enologica di Asti, ebbe l’idea di realizzare la spumantizzazione in un grande recipiente a tenuta, simile ad un’autoclave, realizzata dall’ingegnere francese Eugène Charmat. Il successo del metodo Charmat fu tale che il metodo prese il suo nome, ma è opportuno riconoscere il merito anche a colui che ebbe per primo l’originale idea. Rapido ed efficace questo metodo permette di ottenere spumanti, spesso dolci, mantenendo i caratteri fruttati e aromatici delle uve impiegate, così apprezzati nell’Asti e negli altri Moscati, negli spumanti a base di prosecco e malvasie. La rifermentazione in autoclave può essere applicata anche nella produzione di spumanti secchi. Negli spumanti ottenuti con il metodo Martinotti i colori sono in genere più tenui, le tonalità giallo paglierino a volte con spiccati riflessi verdolini, i profumi vivaci e fragranti e i sapori più freschi e meno strutturati. Il perlage, spesso, non raggiunge la splendida eleganza dei migliori spumanti metodo Classico. Come nella preparazione della cuvée da destinare alla produzione di uno spumante metodo Classico, l’enologo assaggia i vini-base e stabilisce il rapporto con il quale realizzare l’eventuale assemblaggio. Successivamente, si passa ad una chiarificazione associata a una refrigerazione, per renderlo stabile. La filtrazione finale porta ad una cuvée ormai pronta per la presa di spuma. Nell’autoclave dove sarà realizzata la seconda fermentazione è preparato il pied de cuve, cioè la base di lieviti selezionati, con l’aggiunta di zuccheri e di sali minerali per favorirne lo sviluppo e l’attività. Le attuali autoclavi in acciaio inox sono dotate di doppia parete o di apparecchiature idonee per controllare costantemente la temperatura del vino contenuto. In genere la fermentazione è rapida. Secondo la normativa UE il tempo tra l’inizio della fermentazione e la commercializzazione non può essere inferiore a 30 giorni per gli spumanti più correnti, mentre per gli Spumanti e gli Spumanti di Qualità la permanenza sulle fecce non deve essere inferire a 80 giorni. Inoltre il periodo tra l’inizio della rifermentazione e la commercializzazione delle bottiglie non deve essere inferiore a 6 mesi. Lo spumante è successivamente trasferito in un’altra autoclave tramite un travaso e una filtrazione, entrambi svolti in condizioni isobariche, cioè di sovrappressione, per evitare perdite di anidride carbonica. Lo spumante è quindi stabilizzato a temperatura di refrigerazione, che provoca la cristallizzazione e la precipitazione dei sali nell’acido tartarico, separati con una seconda filtrazione isobarica. Si passa poi all’imbottigliamento e alla tappatura, sempre in condizioni isobariche. La tappatura degli spumanti Charmat di qualità viene realizzata con tappi di sughero simili a quelli degli spumanti metodo Classico, mentre per quelli di qualità inferiore e destinati a un consumo rapido si usano tappi di plastica.